La Fabbrica della Memoria è uno spettacolo in continua evoluzione, duttile e capace di adattarsi ai diversi contesti in cui viene realizzato. Nasce dalla convinzione che per capire il presente bisogna conoscere il passato e comprendere da dove arriviamo. Dopo i profondi cambiamenti sociali e urbanistici, il bisogno di raccontare la STORIA in un modo nuovo che soddisfi il pubblico giovane come il pubblico più maturo è diventato un bisogno URGENTE.
In scena rivive la storia della Sesto operaia, fatta di persone umili ma con una gran voglia di fare e di far bene. Sesto S. Giovanni è solo una città ma può essere la città di molti se si pensa ai profondi cambiamenti sociali, culturali ed urbanistici che ha subito negli ultimi 40 anni.
La struttura sociale è cambiata e con essa il concetto di lavoro, tempo libero, sacrificio, studio …Tutti argomenti spunto di riflessione che si ritrovano sapientemente narrati attraverso l’amicizia di tre donne che da giovani migrate arrivano nella città delle fabbriche per cercare un buon lavoro.
La scelta di uno spettacolo multimediale è frutto della consapevolezza che per arrivare anche ad un pubblico giovane bisogna utilizzare un linguaggio giovanile.
Un linguaggio intelligente che catturi l’attenzione trasmettendo un contenuto fatto di emozioni, sensazioni, immagini, atmosfere più che di dati e lunghi dialoghi. Un linguaggio dinamico perché attinge a diverse espressioni artistiche quali la danza, il teatro, la musica, e la fotografia.
La struttura narrativa è efficace, composta da 7 quadri legati insieme da tre donne che si raccontano, diventano amiche e protagoniste della vita in fabbrica grazie alla quale trovano una dignità come lavoratrici e come donne.
PRIMO QUADRO: VIAGGIO PER UN LAVORO
Racconta l’immigrazione italiana verso le città delle grandi fabbriche nate ai primi del novecento. La valigia rappresenta ciò che abbiamo di più caro, le nostre paure, i nostri bisogni e le nostre speranze. Un tempo in valigia si metteva l’essenziale e per essenziale s’intendeva anche il cibo, il pane e il vino.
SECONDO QUADRO: LA FABBRICA
Le donne entrano in fabbrica per la prima volta. La maggior parte di loro sono contadine, gente di montagna che non ha mai visto una catena di montaggio e non s’immagina minimamente cosa voglia direi lavorare in fabbrica. Si parla dei lunghi turni di lavoro senza giorno di riposo, della “sostituta” l’operaia che dava il cambio a chi aveva necessità di andare in bagno e della paura del padrone che poteva licenziarti in ogni momento.
TERZO QUADRO: IL DOPO LAVORO
La grande fabbrica era anche una grande famiglia. Proprio perché ci si passava molto tempo e perché si stava insieme, presto la fabbrica diventa non solo luogo di lavoro ma anche di ritrovo, condivisione, sostegno e partecipazione. Nasce il senso di appartenenza ad un luogo, ad una classe sociale.
QUARTO QUADRO: LA GUERRA
La scena inizia con l’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia e con un video delle lapidi dei caduti . Una danza rappresenta la protesta operaia contro i fascisti e i salari bassi, le razioni di cibo sempre più misere.
La scena segue poi in platea dove le attrici distribuiscono i fogli di propaganda politica. Durante la resistenza operaia, le donne erano impegnate nella trasmissione di informazioni, trasporto materiale e munizioni. Erano le così dette “staffette”.
In questo quadro si narra degli scioperi del ’43-’44 grazie ai quali la produzioni di armi è stata bloccata per diversi giorni arrecando danni alle truppe tedesche.
La scena termina con la fine della guerra.
QUINTO QUADRO: LA RICOSTRUZIONE
La ripresa delle attività industriali nel dopoguerra e la riorganizzazione dei sindacati. Il primo voto alle donne e la nascita dell’assemblea costituente.
SESTO QUADRO: IL BOOM ECONOMICO LE RIVENDICAZIONI OPERAIE
Lo sviluppo economico porta i primi elettrodomestici nelle case italiane: la lavatrice, il frigorifero le stufe a gas. Le famiglie si riuniscono nei bar o nelle case dove c’è la televisione.
È il tempo del musichiere e successivamente, del Carosello.
SETTIMO QUADRO: GLI SCIOPERI PER IL DIRITTO DEI LAVORATORI, LA CHIUSURA DELLE FABBRICHE
Negli anni ’70 le rivendicazioni operaie diventano sempre più organizzate, energiche e insistenti. Si manifesta per la sicurezza sul lavoro, per le 40 ore, per la maternità… Presto però subentra la crisi del settore siderurgico e i primi licenziamenti. Negli anni ’90 le fabbriche siderurgiche chiudono. Finisce un’epoca.
Intere aree vengono smantellate e i macchinari venduti a colossi Cinesi e Giapponesi. Là dove c’era un tessuto sociale vivo e un’attività produttiva, ora c’è una distesa di silenzio e abbandono.
Associazione IL CAMALEONTE - CF: 97949060152
Via G. Mazzini 33 20099 Sesto S.G. MI
Cel. 329 368 6281 - hdemiailcamaleonte@gmail.com
Orari di segreteria: dal Lunedì al Venerdì dalle 16.30 alle 19.30
Privacy Policy