Ricerca e passione per una nuova didattica della danza
Un anno è passato e mai come quest’anno nutriamo molte speranze per quello che verrà. Abbiamo vissuto situazioni inimmaginabili. Sicuramente questo 2020 ci ha colto di sorpresa. Direi forse che ci ha RISVEGLIATO, scosso, fatto vacillare. Affermare che sia stato un anno buono, sarebbe una grande bugia; possiamo però dire che ci ha spinto a reagire, a cercare in noi quella forza per rimane in equilibrio nonostante le ripetute scosse.
Ecco perché non riesco del tutto ad odiare questo 2020.
Mai come in questo periodo la creatività ha assunto le vesti dell’arte dell’arrangiarsi, dove per arrangiarsi intendo riuscire a dare continuità a ciò che più si ama.
La nostra scuola ha dimostrato più volte di sapersi trasformare, di rinnovarsi ripetutamente per proseguire i suoi obiettivi. Per farlo ha dovuto riconoscere le nuove limitazioni, accettarle, studiarle, accoglierle; poi ha dovuto mettere sul piatto della bilancia le priorità, del tutto nuove perché le limitazioni colorano il mondo di altre tonalità. Le relazioni hanno preso il sopravvento illuminandosi di un giallo intenso; la didattica è diventato un mezzo per mantenerle.
Ricordo ancora il comprensibile scetticismo di qualche insegnante dopo la mia proposta di iniziare una didattica a distanza. Non si era mai pensato prima di questo 2020 di insegnare danza, teatro, musica e canto attraverso la rete. Perché farlo? Non ce n’era l’esigenza. Poi però l’intera squadra si è messa all’opera facendo del suo meglio.
Navigavamo in un mare ignoto. Personalmente per ricostruire una nuova bussola in questo spazio/distanza ho dovuto spolverare la mia curiosità e aggrapparmi al bisogno potente di stare vicino ai miei alunni.
Non posso di certo dire che l’insegnamento sulla piattaforma zoom sia uguale a una lezione in aula. Invito però a riflettere: personalmente ho scoperto lati positivi di questa Dad minimamente sperati che gli hanno riconosciuto, nonostante tutto, un valore formativo.
Ecco perché queste innumerevoli ore passate a guardare le mie ragazze su uno schermo, non possono essere considerate ore inutili o semplici riempitivi.
La situazione ha richiesto un grande sforzo e una grande capacità di osservare le cose da un nuovo punto di vista.
Insegnare tecnica era possibile? Certo non come eravamo abituati a farlo. E quindi? La tecnica nasce da una buona consapevolezza del proprio corpo. Pensiamo a quanto spesso richiediamo una buona esecuzione del gesto senza dare il tempo al corpo di manifestarsi completamente alla mente. Ecco dunque il nuovo punto di partenza per costruire una lezione: creare situazioni dove, attraverso l’esperienza propriocettiva, i ragazzi potessero “sentire” il corpo. Da una oggettiva limitazione, il non riuscire a vederli completamente durante il lavoro a terra, ne è nata una soluzione che per me è ha rappresentato la svolta e che ho chiamato “pavimento verticale”.
Senza volerlo, questa distanza ha messo in moto una nuova ricerca nel campo educativo e quando si parla di ricerca si dice progresso, innovazione, crescita. Tutti elementi decisamente positivi.
La prova del nove è stato il ritorno in aula. Queste lezioni on line dove ci avevano realmente portato? Psicologicamente ad una maggiore consapevolezza del perché danzare, della propria passione per quella disciplina, del piacere di muoversi nello spazio condiviso e del sentire l’energia di altri corpi; nel gesto, quel lavoro individuale, quel lavoro sul vivere il proprio corpo agendo su elementi dello spazio-casa, ha restituito una padronanza e una libertà espressiva da farne davvero tesoro.
Il percorso di ricerca è appena iniziato e merita un’attenzione anche dopo questo momento di emergenza portando magari l’esperienza on line in presenza.
Sara Valota