carroponte sara valota

La Fabbrica della Memoria – uno spettacolo in continua evoluzione

Vi chiederete cosa porta un’artista a dedicare tanto tempo per dar vita ad uno spettacolo. Come possa un regista stare sulla stessa cosa anche per anni.

-Non si annoia?

-Cosa può trovare di interessante?

-Ma non è lo spettacolo che vidi nel lontano 2011? Ora siamo nel 2019…

Nel 2011 di certo non avrei mai pensato che lo stesso spettacolo potesse “vivere” ancora nel 2019. Uso il termine “vivere” non a caso.  Con questa esperienza lunga quasi dieci anni, la cosa che più ho imparato è che uno spettacolo gode di vita propria, anzi della vita che artisti, registi e pubblico riescono a dargli. Questo spettacolo in particolar modo ha una sua vita. Non è mai stato uguale all’edizione precedente. E’ uno spettacolo di sperimentazione, che ha permesso a me, in qualità di regista, e ai membri della compagnia, in qualità di musicisti ,attori e danzatori, di evolvere, crescere, scoprire la propria identità e personalità.

Era una grande sfida nel 2011, una sfida ambiziosa. Mi ricordo ancora quando Monica Chittò, all’epoca Assessore alla cultura, mi disse: “L’idea mi piace, non ho ancora capito come riuscirai a mettere in scena la storia di Sesto ma se ce la farai, sarà una grande cosa.”

Da lì a poco ecco l’embrione dello spettacolo direttamente sul palco del Carroponte come chiusura della stagione estiva 2011. All’epoca un solo attore e una storia raccontata fino al 1945, la fine della seconda guerra Mondiale.

Da allora  ha cambiato radicalmente forma ma non la sua natura e il suo spirito. Ora posso dire che ha una sua completezza, una sua struttura che lo regge e gli da spessore. E’ diventato il ricordo di molte persone. tanti ex operai hanno viaggiato nel tempo insieme a noi, ricordi sbiaditi hanno acquisito nuovi colori. Non più un uomo a narrare la storia ma tre donne che interagiscono con i danzatori dando una chiave di lettura  tutta  al femminile. Si parla così anche  di emancipazione e di come la figura della donna sia cambiata profondamente all’interno della società.

Tra una versione e l’altra abbiamo fatto diverse repliche approdando persino  al  festival A DOS DE LIBELLULE nel 2016 e 2017 Nanterre – Parigi.
Grazie al direttore del Festival Loréne Hermann , che mi ha incoraggiata a farlo, lo spettacolo ora ha una nuova seconda parte che racconta del dopo guerra e degli scioperi sindacali, fino alla dismissione delle fabbriche.

Poesia, amicizia, sacrificio, senso di appartenenza, crescita e fine di un’epoca sono i concetti espressi attraverso la continua interazione di linguaggi differenti come il teatro, la danza e le video proiezioni. La musica, in gran parte, è stata appositamente composta.

E così mi ritrovo a dire:  sì, si può passare anni sullo stesso progetto e investire molto  della propria carriera e le motivazioni di allora sono le stesse: perchè  mio padre era un’operaio, perché ho vissuto la profonda trasformazione sociale e urbanistica di Sesto S.G., perché credo che solo conoscendo il proprio passato si possa costruire un futuro consapevole. lo spettacolo, sempre autoprodotto, ed è stato visto da oltre 1000 studenti.

 

Se Continueremo a farlo? Abbiamo bisogno di nuovi stimoli e di nuove sfide. Non vogliamo chiuderlo in cassetto e farlo lentamente morire cullato dalla nostalgia di ciò che è stato fatto. Aspettiamo fiduciosi che nuove possibilità ci vengano date e che questo spettacolo ormai “adulto” possa viaggiare fiducioso e far conoscere il messaggio che con tanto orgoglio racconta.

 

Sara Valota

 

foto edizione 2011 – carroponte

Momenti che hanno contribuito a farci crescere e a sviluppare il progetto

Nanterre – Parigi

Il prima e il dopo di uno spettacolo

 

 

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